
FIRENZE Vedere con i propri occhi (almeno quello che rimasto) e provare a immaginare. Ma anche ascoltare da chi nei campi c'è stato e lo sterminio e le crudeltà del regime nazista l'ha patito sulla propria pelle. Il treno della memoria viaggio e testimonianza. Nel 2005 gli studenti toscani che salirono sul Treno della memoria assistettero al racconto di Shlomo Venezia, sopravvissuto dopo esser stato parte del Sonderdkommando (unità speciale impiegata nella gestione della camera a gas e dei forni crematori) di Auschwitz-Birkenau. Un'esperienza che ti cambia.
In tutte e sette le edizioni alle spalle non sono mai mancati testimoni diretti dello sterminio nazista: ex deportati, politici o razziali. E così sarà anche quest'anno. Ci saranno le sorelle Andra e Tatiana Bucci, note per essere state le uniche bambine italiane sopravvissute dopo esser state deportate ad Auschwitz ed essere state scelte dal dottor Mengele come cavie per i propri esperimenti. Per loro la sesta volta con il treno toscano (ed altre con altre regioni). Dopo la guerra, sono tornate la prima volta ad Auschwitz e Birkenau negli anni Novanta. Ma mai avevano avuto il coraggio di entrare nel Museo di Auschwitz. Troppo doloroso, hanno confessato. L'hanno fatto due anni fa, assieme proprio ai ragazzi toscani.
Con le sorelle Bucci torna anche Marcello Martini, giovane staffetta partigiana della Resistenza toscana a Prato, deportato all'età di quattordici anni a Mathausen, e Antonio Ceseri, uno dei 600 mila militari italiani internati all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943, rappresentante di quella che Alessandro Natta ha definito "l'altra Resistenza, sopravvissuto alla strage dei soldati italiani a Treunebrietzen in Germania". Non saranno sul treno: arriveranno in aereo ma parleranno con i ragazzi toscani. Come due anni fa. Quattro testimoni diversi due ebree, un partigiano e un soldato che disse "no" alla Repubblica di Sal della ferocia di quegli anni di guerra.
In più quest'anno ci sarà Marian Marzynski. Aveva tre anni quando nel 1940 fu rinchiuso nel ghetto di Varsavia, scampato alla deportazione e alla morte dopo essere stato nascosto dai genitori prima da alcune famiglie e poi in un orfanotrofio gestito da religiosi cattolici. Oggi vive negli Stati Uniti e fa il regista. E' la novità dell'edizione 2013 del Treno della memoria, dedicata alla rivolta. E al cinema Kijow di Cracovia il 28 gennaio i ragazzi toscani, primi in Italia, potranno assistere alla proiezione di "Never Forget to lie". il più recente dei film autobiografici di Marzynski, prodotto nel 2011 ed ora sottotitolato. Il titolo - "Never forget to lie", ovvero "Non dimenticarti di mentire" - nient'altro che la raccomandazione fatta allora a tanti altri bambini ebrei come Marzinski, chiave per sopravvivere.
LE BIOGRAFIE
Andra e Tatiana Bucci, due bambine ebree ad Auschwitz
Marcello Martini, staffetta partigiana
Antonio Ceseri, soldato internato
Marian Marzynski, un film verità sulla vita nel ghetto
Marian Marzynski, diversamente da altri ebrei sopravvissuti, resta in Polonia dove lavora come giornalista, regista televisivo e giovane film maker di successo: tra i pionieri del "cinema della verità". Alla fine degli anni '60 le politiche antisemite della Polonia di Gomulka lo costringono all'emigrazione, prima in Danimarca e poi, a trentacinque anni, negli Stati Uniti.
Nel 1982 vincitore del Guggenheim Fellowship e, nel 1986 e nel 1990, di due Emmy Awards (premi alla migliore programmazione televisiva) per i suoi documentari. Alcuni dei suoi film come "Return to Poland" (1982) e "Jewish Mother" (1984), hanno appunto come tema la Shoah. Il film "Shtetl"(1996), tre ore, racconta un piccolo villaggio in Polonia dove per trecento anni, fino alla Shoah, ebrei e cristiani hanno vissuto insieme in pace ed è stato il lavoro più importante della sua carriera. Nel 2005 ha prodotto per la PBS "Frontline", "A Jew Among the Germans", la storia della costruzione, a Berlino, del grande memoriale sullo sterminio degli ebrei d'Europa.
"In never forget to lie" (2011), il film che sarà proiettato a Cracovia, il regista torna a Varsavia nei luoghi desolati dell'ex ghetto, quei pochi palazzi ancora rimasti nelle condizioni di allora, e indaga per la prima volta sulla sua infanzia violata al tempo di guerra. Nel suo viaggio a ritroso lo accompagnano altri bambini sopravvissuti, oramai anziani, che hanno vissuto esperienze altrettante traumatiche. Ne escono fuori angosce e ramificazioni complessi, i sentimenti del ghetto, la Polonia e la Chiesa cattolica.