
Il campo di Fossoli, a due passi da Carpi nella campagna modenese, conserva sette vite in mezzo ad un prato ammantato di verde e docili margherite dove un tempo c’era melma (quella che si creava appena pioveva), persecuzione e l’anticamera della morte: quattro vite vissute durante la seconda guerra mondiale ed altre tre che si si susseguono a guerra finita. I mattoni rossi delle ventisei baracche che ancora rimangono delle quasi cento che c’erano, distribuite sui nove ettari del campo vecchio e i sei del campo nuovo, raccontano la responsabilità dei fascisti italiani nella deportazione di uomini, donne, bambine e bambini e la complessità storica degli anni a cavallo tra la fine della guerra e la rinascita della democrazia. Ed è non a caso da Fossoli, ottanta anni dopo la liberazione di Auschwitz, che inizia il viaggio sui luoghi della deportazione nazifascista in Italia voluto dalla Regione Toscana, sei anni dopo l’ultimo treno della memoria (sfoglia qui lo speciale) partito nel 2019 e che sarà di nuovo organizzato il prossimo gennaio, con destinazione ancora Auschwitz.
Un 'pellegrinaggio' di quattro giorni per questa settimana in pullman: poco meno di centocinquanta persone, ottantuno studentesse e studenti delle scuole secondarie di secondo grado toscane con venticinque professori che hanno partecipato ai corsi di approfondimento organizzati dalla Regione, ventuno istituti a rappresentare l’intera Toscana, assieme all’assessora all’istruzione e alla cultura della memoria Alessandra Nardini, ad Ugo Caffaz che ventitré anni fa ha fatto nascere il treno toscano della memoria e ad una testimone diretta della Shoah, Andra Bucci, che assieme alla sorella Tatiana è sopravvissuta a Birkenau (leggi la loro storia), sorelline entrate in quell’inferno a quattro e sei anni. Con loro, rappresentanti della Fondazione Museo e Centro di documentazione della Deportazione e Resistenza - Luoghi della Memoria Toscana, che ha organizzato il viaggio, e rappresentanti degli altri istituti storici toscani della Resistenza e dell'età contemporanea, della comunità ebraica, delle associazioni antifasciste e della Resistenza toscane, come l’Anpi, l'Aned, l’Anei e l’Anfim. Con loro per parlare delle leggi razziali del 1938, della negazione di diritti e libertà e della persecuzione, delle deportazioni e spesso la morte che in quegli anni riguardarono non solo le persone ebree ma anche i soldati che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 dissero “no” alla Repubblica di Salò, i cosiddetti Imi, le partigiane e i partigiani, oppositrici e oppositori al regime fascista, la comunità Lgbtquia+, tante persone ignare rastrellate per strada ed altre uccise per rappresaglia, cittadini considerati ‘diversi’ come i testimoni di Geova, le persone con disabilità e i rom e sinti. Come quella sessantina di rom e sinti, artisti ambulanti, che in quanto giudicati civili pericolosi, tra il 1940 e il 1943, furono internati dal regime fascista a Prignano sulla Secchia, a ridosso dei monti dell’Appenino emiliano, in un ghetto recintato con il filo spinato e che dopo il 1943 confluirono in buona parte nelle fila dei partigiani, dando vita alla brigata dei Leoni di Breda Solini. Tra loro la nonna del calciatore Andrea Pirlo e parenti della circense Moira Orfei.
Prima tappa Fossoli dunque e poi due giorni a Trieste, dove sorge il campo della risiera di San
Sabba, perché per comprendere appieno l’inferno e quel 'viaggio all’ingiù', per citare Primo Levi, che furono i lager, il disegno che li ideò, il dramma della deportazione e l’aberrazione delle leggi razziali anche italiane, occorre fare un passo indietro e partire dall’interno dei confini nazionali.
Il pellegrinaggio toscano diventa il momento per provare a conoscere e fare i conti con il passato. Perché se è vero che tante cittadine e tanti cittadini italiani contribuirono a salvare molte vite, che le partigiane e i partigiani seppero scegliere la parte giusta da cui schierersi, è altrettanto vero che ci furono anche fascisti collaborazionisti che si macchiarono di delazioni, persecuzioni e assasinii, come ci furono persone che restarono indifferenti rispetto a quanto stava accadendo. Il viaggio diventa quindi l’occasione per capire come pregiudizi e manifesti pseudiscientifici prima e collaborazione attiva con i tedeschi poi abbiano contribuito in maniera attiva a persecuzioni e deportazioni e quanto sia pericolosa l'indifferenza. Anche oggi.
“L’Italia a differenza di altri Paesi non ha saputo fare fino in fondo i conti con la propria storia – sottolinea l’assessora Alessandra Nardini - : per questo abbiamo deciso di ripartire con i nostri pellegrinaggi di Memoria proprio dai luoghi dove tutto è inziato nel nostro Paese, per fare chiarezza e raccontare la verità sulle responsabilità del fascismo”.
A Fossoli il primo giorno studentesse e studenti hanno visitato il campo di concentramento e poi, a Carpi, il Museo Monumento al Deportato, con quel giardino di steli all'ingresso, impressi i nomi di tanti lager, realizzato dallo studio BBPR autore pure del Memoriale italiano di Auschwitz oggi a Firenze. Quindi, prima di cena, scuole e delegazioni hanno incontrato lo storico Carlo Spartaco Capogreco che ha studiato i campi di internamento civile voluti dal Duce tra il 1940 e 1943 e quelli di concentramento e deportazione della Repubblica sociale di Salò.
“Partiamo da qui - prosegue l’assessora – perché vogliamo sottolineare le responsabilità indelebili del fascismo e perché quel pezzo di storia non può essere né riscritto né cancellato o negato. Lo facciamo perché vogliamo che studentesse e studenti possanon conoscere la storia e crescere come cittadine e cittadini consapevoli. Lo facciamo insieme alle e ai docenti toscani che hanno scelto di partecipare al percorso di formazione finanziato in questi mesi dalla Regione”. “Tenere viva la Memoria – conclude - crediamo che sia un dovere per le istituzioni, a tutti i livelli, a maggior ragione di fronte ai pericolosi rigurgiti nazifascisti a cui assistiamo e alle guerre che insanguinano il mondo, per educare le giovani generazioni ad essere costruttrici di pace”.
“E’ importante essere qui – dice Sofia Canovaro, studentessa dell’isola d’Elba, presidente del Parlamento degli studenti della Toscana - per poter camminare sulla storia, che non può rimanere solo sui libri ma deve diventare un percorso vivo per conoscere le lezioni del passato e cercare di non ripeterlo nel futuro”. “Vedere questi luoghi di detenzione e da cui si partiva per ad Auschwitz o altri lager ci tocca nel profondo - si sofferma -. E ‘ un colpo allo stomaco. Ma è importante esere qui per ripartire dai valori che si oppongono a quegli orrori, gli orrori del nazifascismo, e costruirci il futuro”.
“In fondo – annota Ugo Caffaz - Auschwitz è dentro di noi e dobbiamo capirlo: conoscerlo per lo meno. Lo diceva Primo Levi, che non ha retto al peso di tutto quello che ha patito e non escludo che non abbia retto anche al negazionismo e riduzionismo storico che stava crescendo”.
Le tante vite di Fossoli
Visitare Fossoli, spazio dal 2001 gestito da una fondazione, è un po’ come fare un viaggio a ritroso dagli anni Quaranta del Novecento fino agli anni Settanta.
Fossoli fu all’inizio un campo di prigionia per i soldati alleati dal 1942 al 1943: un campo fatto da principio di sole tende. Ma dopo l’armistizio, dal 5 dicembre 1943 al 2 agosto 1944, divenne campo di concentramento e di transito verso i lager in Germania per ebrei, partigiani ed antifascisti utiilzzato prima dalla Repubblica sociale di Salò (per cui, nel manifesto di Verona, gli ebrei sono diventati nel frattempo "stranieri e nemici") e poi dalle SS. Ideale per la larga pianura attorno controllabile a vista e per la vicinanza della stazione di Carpi lungo la ferrovia per il Brennero.
Quello di Fossoli, assieme a Bolzano, Cuneo e San Sabba a Trieste fu uno dei soli quattro campi di transito in tutta Italia. Si stima che in otto mesi passarono da Fossoli 2844 ebrei ed almeno 2600 deportati politici. Tra loro ci furono anche Primo Levi (leggi qui e qui), l’autore di “Se questo è un uomo”, e Marcello Martini, testimone e partecipe - prima della scomparsa - di tanti treni della memoria toscana. Martini, catturato a Montemurlo di Prato, arrivò dal carcere delle Murate di Firenze, perchè nelle carceri fino ad allora furono imprigionati partigiani ed oppositori politici e passò da Fossoli per essere deportato a Mauthausen. Levi, che a Fossoli era arrivato nel gennaio del 1944, salì sul convoglio partito il 22 febbraio diretto ad Auschwitz.
Assieme alle SS c’erano gendarmi delle Repubblica Sociale, ci informa lo scrittore riguardo la complicità italiana. Andava lento quel treno fatto di carri merce e vagoni piombati, corpi stipati e fame di aria e cibo. L’ordine di imbarco era arrivato il giorno prima e fu una notte, racconta lo stesso Levi, di silenzio, preghiera, canti di lutto e attesa, con la minaccia che per ogni persona che fosse mancata ne sarebbero stati uccisi dieci. Campo di transito spesso verso la morte, ma anche luogo di esecuzioni: come la strage del 12 luglio 1944 quando all’alba le SS fucilarono sessantasette internati politici che sarebbero dovuti partire l’indomani per la Germania.
Ad agosto 1944 il campo di transito per deportati politici e razziali si trasferì a Bolzano, ma Fossoli continuò ad essere utilizzato per i civili rastrellati da inviare in Germania come lavoratori coatti: tra le cinque e le diecimila persone delle sessantamila fermate per strada senza colpa in neppure quattro mesi (di cui dodicimila deportate) passarano dal campo modenese.
Finita la guerra Fossoli fu dapprima utilizzato per internare esponenti fascisti e stranieri indesiderabili privi di documenti, ma anche profughi di ritorno dai campi di concentramento. Una convivenza difficile e complicata, come si può intuire, durata due anni. Dal 1947 al 1954 vi trovò casa quella che poi diventerà la comunità di don Zeno Saltini, fondata sulla fratellanza, la solidarietà e l’accoglienza degli orfani di guerra: Nomadelfia, per l’appunto, poi trasferitasi in provincia di Grosseto. L’ultima vita di Fossoli è quella, dal 1954 al 1970, del Villaggio San Marco, destinato ad ospitare i profughi giuliano-dalmati in fuga dall’Istria e dalla Yugoslavia di Tito. Un’altra storia complessa del Novecento.
Le scuole
Al viaggio della memoria toscano partecipano studentese e studenti, professoresse e professori dell’IS Leonardo Da Vinci (FI), dell’ITIS Meucci (FI), dell’IIS Galilei (FI), del Ferraris Brunelleschi di Empoli (FI), dell’IIS Peano (FI), dell’ IIS Cellini Tornabuoni (FI), dell’ISISTL Russell-Newton di Scandicci (FI), del Liceo Machiavelli (FI), del Liceo Scientifico e Linguistico Niccolò Rodolico (FI), dell’Istituto Agrario Firenze (FI) e Chino Chini (FI), dell’ IIS Galilei-Artiglio Viareggio (LU), del Liceo Linguistico G. Guarducci Viareggio (LU), dell’ ISI Pertini (LU), dell’IIS Dagomari (PO), dell’Istituto Valdichiana con sede a Montepulciano (SI), del Liceo Artistico Petrocchi (PT), dell’ISIS Carducci Volta Pacinotti Piombino (LI), del XXV Aprile di Pontedera (PI), del Polo Bianciardi (Grosseto), della Scuola Montessori-Repetti (Massa e Carrara). Avrebbe dovuto partecipare anche il liceo classico musicale Petrarca di Arezzo, che per un problema organizzativo non ha potuto alla fine prendere parte al viaggio.