Diritti
7 aprile 2011
10:02

Livorno, il rifugio dei primi tunisini sbarcati dalla Superba

LIVORNO, 7 aprile 2011 - Undici camere doppie con servizi privati, due camerate per altri 18 posti, altre 5 camere famiglia.  Dalle finestre si vede in lontananza anche il mare: lo stesso da cui si alza, qualche miglia pi a sud, l'isola d'Elba, da cui il secolo scorso tanti toscani sono partiti per il mondo. Senza paura, come questi ragazzi tunisini. Alla ventura: in cerca di un lavoro e di una vita migliore, a caccia di un futuro che qualcuno gli aveva rubato.

 

 

Villa Morazzana una piccola oasi di pace e tranquillit immersa nel verde, sulle pendici delle colline livornesi che salgono verso Montenero. E la villa o almeno la sua depandance - diventata la casa per i trenta ragazzi che erano sul primo pullman sceso il 4 aprile dalla nave "Superba". Uno di loro fuggito, altri due sono stati trasferiti altrove. Quattro si sono aggiunti il 6 aprile, sbarcati dalla motonave "Clodia". Salutavano, esultavano, ringraziano quella notte, al del l dei finestrini chiusi del bus. Tre giorni dopo continuano a dire grazie e ci regalano le loro storie: a volte con qualche reticenza, ma autentiche, vissute pi in fretta dei loro anni.

 

Tante facce pulite, tante storie diverse

La prima fotografia dei tunisini sbarcati in Toscana stata un grande applauso. La seconda sono tante facce pulite. C' chi gestiva un chiosco in una centralissima piazza a Bologna, che ha lasciato l'Italia per aiutare il suo paese in guerra civile ma tornato. C' il calciatore a cui un infortunio ha infranto il sogno, c' l'ex promessa nazionale di lotta greca romana, chi ha posato per alcune pubblicit e che, pi che un tunisino, sembra un californiano. C' chi sulla nave per Lampedusa stato messo direttamente dai genitori, professori di un istituto tecnico, e chi, per un caso fortunato, si ritrovato a pochi chilometri dal cugino che vive e lavora a Vada. C' anche qualche faccia che al primo impatto di fiducia ne ispira assai di meno, ma forse solo lo schermo di una durezza che davanti alla sfortuna della vita si fatta corazza.

 

I capannelli nel giardino

Villa Morazzana, edificio settecentesco e un po' liberty, stata la casa della cantante lirica e figlia d'arte Bianca Stagno. Poi il Comune di Livorno l'ha trasformata in un albergo-ostello, gestito da privati. Si respira aria di brezza marina, quando la mattina arriviamo. Sotto i pini i ragazzi tunisini parlano, divisi in quattro diversi piccoli gruppi. "Non si fidano troppo, neppure tra di loro, ma naturale" racconta il mediatore, prima di essere preso d'assalto dalle richieste dei ragazzi.

 

Qualcuno dorme sdraiato su una panchina: con il giubbotto sopra la testa per ripararsi dal sole e le scarpe da ginnastica, slacciate, a terra. Qualcun altro prende il caff dalle caraffe e dai termos sui tavoli sotto il gazebo. C' chi ne approfitta per due palleggi con il pallone. Le giornate sono lunghe e c' chi pulisce e mette in ordine. Qualcuno ha gi preso contatti con amici e parenti che abitano in Toscana, a Napoli o a Bologna: col cellulare, di cui praticamente nessuno privo. Per avere soldi in prestito, perch tra immigrati non manca la solidariet , o semplicemente consigli o ospitalit . Tanta la voglia di trovare un lavoro che c' anche chi, la mattina prima, gi uscito: come Makerm Jouini e Heni Trablisi, che sono saliti sul 2 e alle 11 sono spuntati al mercato centrale di Livorno, in cerca di un'occupazione tra i banchi del pesce. Ma quasi nessuno parla italiano, salvo pochi casi: qualcuno l'ha studiato a scuola, assieme all'arabo, il francese e l'inglese. Un ragazzo abbozza qualche frase in tedesco. Ed difficile.

 

In fuga, illusi dalla televisione

Sanno da dove e da cosa sono fuggiti questi ragazzi. E lo raccontano: la libert che non c' , la democrazia che manca, i soprusi della polizia, il lavoro che si sciolto come neve al sole, "anche per chi ha studiato e si ritrova in mano un foglio di carta straccia". "Molti sono arrivati illusi dalla televisione, che raccontano un'altra Italia e un'altra Europa ammette ancora il mediatore che in Tunisia c' nato ma da venti anni vive a Livorno Oppure ingannati dalle macchine di grossa cilindrata e i soldi da spendere dei connazionali che sono emigrati, hanno trovato lavoro e d'estate tornano in Tunisia". "Nonostante la crisi, l'Europa per loro rimane un paradiso. La met tra tre o quattro mesi forse torner a casa confessa sottovoce Ma l'altra met forse ce la far : in Italia o da qualche altra parte in Europa".

 

Io ti racconto, tu mi racconti

Intanto i ragazzi iniziano ad aprirsi: lo fanno quando cominci a raccontare di te e della tua famiglia e rispondi alle loro domande. Makerm Jouini, 27 anni, il ragazzo dagli occhi celesti, che con i suoi bermuda e la camicia a scacchi assomiglia ad un californiano, mostra il video della traversata sul suo telefonino: due giorni, due giorni quasi senza mangiare. "C'era un gran mare mosso spiega un po' inglese e un po' in francese, cercando di farsi capire Ad un certo punto si rotta anche la bussola ed abbiamo dovuto orientarci con le stelle". Affidandosi alle stelle. Di lavori ne ha fatti tanti: barman, pizzaiolo, dipendente di un hotel. Ha fatto anche la pubblicit alla televisione. "Vedi, un bel ragazzo" scherza l'amico. Ed ora? "Ho un amico a Milano, ho gi cercato lavoro a Livorno, ma potrei anche raggiungere la Germania".

 

Il calciatore professionista

E' di Makerm, al mercato del pesce, la foto sulla cronaca livornese del Tirreno, che un altro ragazzo sta sfogliando. Abkader Bencalmer, cos si chiama, non conosce neppure lui l'italiano: mastica giusto qualche parola. Ha 19 anni. Ed anche lui sul giornale cerca la sua foto. Nell'istantanea ha una telecamera in braccio: gliel'hanno fatta usare i colleghi di una tv, appena arrivato all'ostello. Del resto in Tunisia, a Djerba, faceva il fotografo nei villaggi turistici. Ma la grande passione di Abkader soprattutto il calcio. Giocava nel Club Africain, 12 campionati tunisini dal dopoguerra (l'ultimo nel 2008) e una coppa dei campioni africana nel 1997. Scendeva in campo vestito di bianco e rosso, di blu quando giocava in trasferta. E faceva anche tanti gol. "Poi per mi sono fatto male" prova a spiegare un po' in francese e un po' in inglese. Tira gi il calzino e mostra una cicatrice. "Un brutto colpo alla caviglia" dice. E cos la favola del calcio svanita.

 

"Studiavo, ma in Tunisia non c' futuro per chi studia"

Anche Aymen Mersni, 21 anni, ha fatto il fotografo nei villaggi turistici: ad avanza tempo, quando magari la scuola era chiusa. Conosce anche un po' l'italiano, studiato assieme all'inglese e il francese nel suo corso di gestione aziendale. Il padre originario di una cittadina al confine con l'Algeria, la madre di Djerba. Tutti e due sono insegnanti in una scuola tecnica e sono stati proprio loro a spingerlo a lasciare la Tunisia. "Dopo quattordici ore di navigazione abbiamo visto il faro di Lampedusa - dice -, ma siamo rimasti in panne. Per attirare l'attenzione abbiamo acceso luci e fuochi e dopo ventisei ore siamo stati finalmente soccorsi". "In Tunisia non c' futuro adesso per chi studia. Per questo aggiunge sono venuto qui"

 

Tante intenzioni, ma per tutti un futuro comunque confuso. Qualcuno una volta ha scritto che negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto. Negli occhi di questi ragazzi scorgi per adesso solo le botte rimediate dalla vita e una grande speranza. Ma anche se il loro futuro velato dalla nebbia, una cosa evidente: non hanno paura a percorrerlo da soli, lasciandosi dietro tutto e tutti. Forse perch da soli pensano magari di avere pi chance.