7 aprile 2011
16:03

San Rossore, il turismo sociale diventa accoglienza

SAN ROSSORE (Pi), 7 aprile 2011 - Dopo villa "la Sterpaia", nel cuore dell'ex tenuta presidenziale di San Rossore, si prende una lunga strada bianca e dopo quattro chilometri si vede un gruppo di tre tipiche case coloniche toscane. Sono state appena ristrutturate dall'amministrazione della Tenuta, devono essere date in gestione alla Societ della salute di Pisa per essere utilizzate a fini di turismo sociale. Ma hanno cominciato a svolgere il loro compito in anticipo, e sono diventate uno dei ventidue centri di accoglienza toscani per i tunisini in arrivo da Lampedusa; un pezzo del "modello toscano" di accoglienza. Una palazzina dove dormire, una dove mangiare, la terza trasformata in base operativa per i volontari.

Qui si sono sistemati in quaranta, sotto l'occhio attento dei volontari della Croce Rossa Italiana e della Pubblica assistenza pisana, e di Cristina Papucci, del Centro Nord-Sud della Provincia di Pisa, che funge anche da mediatrice linguistica grazie alla buona conoscenza del francese. Ora organizzer le lezioni di italiano, esigenza primaria se poi questi ospiti inattesi dovranno muoversi nella nostra societ . "Li troverete un po' stanchi, stasera spiega -, hanno passato la giornata in questura per le procedure di identificazione, sono appena rientrati". Forse sono allora da attribuire alla stanchezza diffidenza e paura di parlare, che non nascondono. Nessuno vuol fare il proprio nome, inutile proporre di farsi fotografare. Qualcosa si chiarisce quando chi sembra fare da leader del gruppo, e parla benino l'italiano, confessa di essere gi stato in Italia.

Il timore il rientro forzato, l'essere dichiarati indesiderati, perdere l'occasione di una vita migliore che costata tanti sacrifici a loro e alle famiglie, per la maggior parte rimaste in Tunisia. Sacrifici gi sentiti, il viaggio duro in tanti sui barconi, le ore sotto il sole o l'acqua; e poi lo sbarco a Lampedusa, altri lunghi giorni all'addiaccio in attesa di una soluzione per i loro desideri. Aspettative semplici: "Mi piace lavorare in campagna" dice il nostro amico che parla italiano e confessa di avere qualche amico in Sicilia. E' di Madir ed partito da Sfax. In Tunisia con la famiglia coltivava carciofi, pomodori, meloni, zucchine. "Questo mi aspetto confessa -, restare qui a lavorare in qualche azienda agricola. Un anno di lavoro in Italia ne vale venti in Tunisia". Ma chi glielo spiega a lui e agli altri, stasera, nella cornice quasi fuori dal tempo di questo parco meraviglioso, di queste residenze di vacanza, che tanto dura anche qui da noi? Che rischia di finire a lavorare al nero in qualche campo per la raccolta dei pomodori, senza prospettive?

Chi lo spiega come funziona da noi, con quattro milioni di precari, a quest'altro ragazzo di vent'anni dagli occhi fiduciosi? "Ho venduto il cellulare e il motorino per pagarmi il passaggio alla fine si convinto a dire qualcosa, aiutato dal suo compagno "agricoltore"- ho solo la speranza di una vita migliore, e sono disposto a fare qualsiasi lavoro". Ha appena finito le scuole superiori: qualcun altro studiava da maestro. S , basta che il lavoro qualsiasi non finisca con l'essere attirati in qualche giro criminoso, commentano sottovoce la volontaria della Croce Rossa e gli agenti della polizia municipale del Comune di San Giuliano, garanti della sicurezza dentro il centro.

Serviranno forse quindici giorni per avere la carta elettronica con il permesso di soggiorno temporaneo, spiegano ancora i volontari. La lunga giornata si avvia lentamente alla fine. Vicino alla pioppeta qualcuno ha steso al sole gli abiti usati per tutto il viaggio ed appena lavati. Stasera arriver anche la guardia medica: qualcuno accusa mal di gola e piccoli doloretti. Intanto, gracchia la radio della Croce Rossa, sta arrivando un carico di vestiti: li ha raccolti il Comune di San Giuliano Terme, grazie al mondo del volontariato. Sono su un pulmino, che incrociamo giusto mentre andiamo via. Stasera abiti nuovi per tutti.