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27 gennaio 2020
15:03

Memoria, stermini e censimenti non sono finiti. “Siamo tutti responsabili”

Irvin Mujcic intervistato dallo storico Luca Bravi

Irvin Mujcic: "Noi tutti siamo dei piccoli Hitler, Mussolini e Milosevic”

"Noi tutti siamo dei piccoli Hitler, Mussolini e Milosevic” dice Irvin Mujcic, fuggito a cinque anni dalla guerra in Bosnia, alle porte dell’Italia, e sopravvissuto al massacro di Sebrenica del 1995, che interruppe allora bruscamente l’esistenza di 8.372 musulmani bosniaci. Di fronte ed attorno a lui i settemila ragazzi del Mandela Forum di Firenze, studenti delle scuole superiori di tutta la Toscana, centocinquanta universitari e trecento ragazzi delle medie fiorentine. Lì, tutti assieme come accade ogni due anni, per ricordare il giorno della memoria. Per guardare al passato ma anche al presente. Per ascoltare testimoni e sopravvissuti dello sterminio di cui ottanta anni fa i nazisti ma anche i fascisti furono colpevoli: in silenzio per quattro ore, sempre concentrati, il volto tirato a tradire emozione e partecipazione, pronti ad applaudire quando chi racconta si interrompe per il dolore e la commozione che torna ad agitare l’animo.

La frase di Irvin è pesante e taglia l’aria. Ma il senso è chiaro: è un richiamo ad una responsabilità diffusa e condivisa sui destini e il futuro del nostro pianeta, è un po’ come dire che siamo un po’ tutti arroganti ed egoisti e quindi responsabili, come responsabili furono negli anni Trenta e Quaranta quanti si chiusero nell’indifferenza e stettero in silenzio di fronte alle prime esclusioni e rastrellamenti. Non ci sono insomma alibi per sfilarci via. Sebrenica è dietro l'angolo ed un ricordo vicino. Qualcuno è tornato a soffiare sul fuoco delle differenze. Sono arrivati i censimenti. Popoli che avevano convissuto hanno iniziato ad aver paura gli uni degli altri. Il vicino ha cominciato a far paura. "I croati ci hanno massacrato nella seconda guerra mondiale: potrebbero rifarlo" gridava Milosevic. Così nel 1991 ha preso avvio la guerra dei Balcani e si è arrivati a torture, pulizia etnica e genocidi.

Ma la memoria non può essere odio, vendetta e turismo della morte. Per questo Irvin a Sebrenica, dove il padre e lo zio sono scomparsi in una fossa comune, è tornato, molti anni dopo, dopo gli anni trascorsi in Italia accolto in un paesino in provincia di Brescia dove, scherzi del destino, si producano le mine antiuomo usate in Bosnia: E a Sebrenica Irvin ha deciso di dar vita ad un progetto di pace e di riflessione dedicato ai giovani, per difendere non solo una città ma un ideale di convivenza.

E’ lo stesso motivo per cui non trovi rancore nelle parole dei testimoni dello Shoah. “Non ho mai odiato i tedeschi ma sicuramente ne avevo paura – confessa Tatiana Bucci, sopravvissuta con la sorella Andra ad Auschwitz e Birkenau – Poi ad un certo momento ho capito che i tedeschi non erano solo i nazisti”. E non c’è odio neppure in chi, come rom e sinti, patisce oggi ancora esclusione razzismo.

Nel 1945 tutte le nazioni dissero “mai più”. Ma altre guerre ci sono state ed anche altri stermini si sono consumati: come a Srebrenica appunto, nonostante la bandiera e la protezione delle Nazione Unite. La memoria, si ripete sul palco, serve a capire se oggi ci sono ancora percorsi come quelli che condussero ad Auschwitz. E’ l’unico vaccino che può aiutare a sconfiggerli.

"Se fossi nata ai tempi del nazismo, sarei stata destinata allo sterminio - dice Eva - perché rappresento la minoranza più vasta in Europa costretta alla fuga da sempre a causa di una politica persecutoria". Eva Rizzin, ricercatrice dell’università di Verona, è una sinti rom. “L’antiziganismo, come l’antisemitismo, è una delle forme più diffuse di razzismo in Europa e in Italia” racconta. Lo sappiamo, ma spesso facciamo finta di non accorgercene.

Quella persecuzione ha avuto una delle pagine più buie durante il Terzo Reich, quando rom e sinti furono deportati in massa. Fu anticipata dallo Zigeneur Buch, un testo pubblicato nel 1905 a Monaco di Baviera che in 344 pagine elencava i dati personali e genealogici di 3350 persone appartenenti all'etnia Rom. Quel censimento fu molto utile poi ai nazisti e in quell'elenco finirono anche il trisnonno e il bisnonno di Eva Rizzin.

Ma i censimenti sull'etnia sinti e rom non sono finiti. "Nel 2008 rom e sinti sono stati nuovamente censiti per etnia e religione - ricorda la Rizzin - e nel 2018 in Italia abbiamo avuto rappresentanti istituzionali che hanno chiesto di nuovo un censimento dei nomadi. Ancora oggi dichiararsi rom e sinti non è facile perché significa equipararsi a qualcosa di negativo e molti nascondono la propria identità perché certi cognomi sono considerati uno stigma".   


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